I Nonni e la separazione
Non è cosa rara che durante la separazione, nel conflitto familiare vengano coinvolti anche i nonni .Nella grande riforma della filiazione del 2012 ,il legislatore si è mostrato sensibile a questo problema e benche sia comunque impossibile per gli ascendenti partecipare in prima persona al procedimento di separazione ,essi possono intervenire autonomamente laddove la frequentazione con i nipoti sia ostacolata . Il legislatore ha infatti previsto un azione autonoma che tuteli il diritto di visita e frequentazione dei nipoti con i nonni , in alte parole è ’ stato ampiamente riconosciuto un vero e proprio diritto in capo ai nonni, diritto che rappresenta il simmetrico contraltare di quello già riconosciuto ai nipoti di poter continuare a frequentare i primi; si tratta quindi di un diritto soggettivo perfetto avente ad oggetto il mantenimento di “rapporti significativi con i nipoti minorenni”.
Preme preliminarmente sottolineare che quando si creano contrasti in famiglia, occorre, lavorare sulla criticità, perché solo la serenità tra genitori e nonni rende proficua la relazione nonni/nipoti , una frequentazione vissuta nel contrasto non è sicuramente opportuna, né per i minori, né per i nonni, che andrebbero anch’essi a patire gli atteggiamenti di rifiuto dei piccoli (ciò che accade, proprio negli stessi termini, nelle separazioni conflittuali, dove i figli prendono posizione a favore di un genitore, rifiutando l’altro).
E’ per questo motivo che il ricorso all’autorità giudiziaria debba essere considerato quale extrema ratio in quanto ci potrebbe essere i rischio di radicalizzare il conflitto con un’ ulteriore azione legale , benché prevista dall’ordinamento, andrebbe a compromettere ancora di più un rapporto già teso.
I procedimento di cui si parla infatti viene svolto pressoché per intero attraverso i poteri officiosi del Giudice che indagherà sulla famiglia allargata con il necessario ed imprescindibile supporto di psicologi e dei Servizi Sociali territoriali, incaricati di verificare, plausibilmente, le relazioni familiari, in quali termini sia esplicata/non esplicata la frequentazione (la legge parla di un diritto “alla visita”, senza regole, tempi e pretese, quando e come si può, dal contenuto evidentemente ristretto rispetto al dovere di accudimento gravante sui genitori), nonché la presenza di particolari situazioni patologiche e/o di elevata conflittualità tra le famiglie di origine o generazionale. L’individuazione di un disagio comporterebbe l’obbligo di seguire un percorso di aiuto alla persona e, comunque, anche l’eventuale imposizione coattiva delle visite sarà sempre necessariamente accompagnata da strumenti di supporto psicologici e terapeutici, almeno nella fase iniziale.
Laddove vi siano evidenti criticità l’impatto di un eventuale provvedimento del Giudice coattivo nella vita familiare è, dunque, molto forte, e non può trovare beneficio per i nonni se non è seguito da un cammino di maturazione delle relazioni familiari che, solo se seguito positivamente, può condurre all’accoglimento della richiesta giudiziale di imporre le visite ai nipoti.
Del resto, l’azione in oggetto nasce dalla necessità primaria di regolare i rapporti tra ascendenti e nipoti in presenza di nuclei familiari disgregati ed eventualmente ricostruiti, laddove è plausibile che le relazioni intergenerazionali vadano a subire un affievolimento difficilmente recuperabile a ragione della rottura del legame tra gli stessi genitori.
Laddove non vi sia una patologia e/o un conflitto profondamente radicato è consigliabile di indagare personalmente le ragioni dell’incomprensione, aprirsi al dialogo, rispettare le richieste ed i bisogni del figlio e tendere la mano verso figlio e nipoti con gesti concreti di presenza, interesse e collaborazione, sotto il profilo affettivo ed economico come, del resto, impone il buon senso, prima ancora che la legge.