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Unioni di fatto: doveri morali, assistenza e obbligazioni naturali. Una novità giurisprudenziale

Cassazione civile, sez. I, ordinanza 2 gennaio 2025, n. 28.

La questione riguarda i doveri morali e sociali tra conviventi relativi ad attribuzioni economiche o patrimoniali effettuate dopo la fine della convivenza more uxorio, su cui non vi sono precedenti della Corte. Il Collegio condivide la decisione della Corte territoriale, che ha riconosciuto come dovere solidaristico, meritevole di tutela, l’assistenza verso l’ex-convivente anche dopo la fine della relazione, considerando la specificità del caso concreto e la sensibilità sociale.

La decisione tra origine dal seguente fatto:

A.A. conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Milano B.B., suo fratello maggiore unilaterale, ossia generato dallo stesso padre ma da madre diversa, al fine di ottenere il rimborso delle spese sostenute a decorrere dal 2006 dalla madre dell’attore, C.C. (deceduta prima dell’introduzione del giudizio e della quale il figlio A.A. era unico erede), per i bisogni alimentari e per le necessità di assistenza di D.D., padre delle parti in lite. A.A. chiedeva, inoltre, al Tribunale di accertare che a partire dal 2012 entrambi i figli di D.D. erano coobbligati al mantenimento del padre, chiedendo, per il periodo decorrente da tale anno, la condanna del convenuto al rimborso della metà delle spese a tale titolo sostenute, deducendo che le spese stesse erano state pagate fino al dicembre del 2016 dalla madre dell’attore e, successivamente a detto periodo, dall’attore stesso. Il convenuto si costituiva chiedendo il rigetto delle domande attoree. Il Tribunale di Milano, con sentenza emessa in data 9 giugno 2022 ex art. 281-sexies c. p. c., in parziale accoglimento delle domande attoree, accertava l’obbligo in capo a B.B. di provvedere al pagamento, nella misura del 50%, delle spese sostenute per la retta della Rsa Segesta Heliopolis, dal (Omissis), rigettando ogni altra domanda.

La Corte rilevando che :

a) I due avevano avuto un lungo percorso di vita insieme, con una convivenza pacificamente durata fino al 2006, caratterizzata dalla nascita di un figlio ( l’odierno appellante, nel 1988);

b) nonostante la cessazione della convivenza more uxorio, vi era, comunque, anche dopo il 2006, un legame di affetto tra i due, come dimostrato dalla messa a disposizione della casa di campagna di lei a favore di lui e dalle spese da lei sostenute in favore dell’ex compagno, che si trovava in stato di bisogno e con difficoltà di salute, pure in assenza di un qualsiasi obbligo giuridico; 

c) tale comportamento, proprio in assenza di un obbligo giuridico, denotava la volontà e la consapevolezza di adempiere ad un obbligo morale verso una persona con cui vi era stata condivisione di anni di vita comune, cementata dalla nascita di un figlio, fino a quando la Caia aveva potuto, ovvero fino al 2016; 

d) mai, non essendovene né allegazione né traccia documentale, la Caia aveva pensato di richiedere il rimborso delle somme spese per l’assistenza economica prestata al Mevio, e nessuna richiesta in tale senso era mai stata formulata, né all’ex compagno, né ai suoi figli.

e che secondo costante giurisprudenza sovranazionale e nazionale la convivenza di fatto implica un “legame affettivo di coppia” e plurime disposizioni di legge, nel tempo, ne hanno sancito il rilievo sotto molteplici e disparati profili. Infatti, il dovere morale e sociale di assistenza materiale nei confronti dell’ex convivente more uxorio, anche dopo la cessazione del rapporto, si ponga in linea coerente e conforme “alla valutazione corrente nella società” , stante l’affermarsi di una concezione pluralistica della famiglia, e sia pertanto idoneo a configurarsi come obbligazione naturale, nella ricorrenza anche degli altri requisiti previsti dall’
art. 2034 c.c. (spontaneità, adeguatezza e proporzionalità) e avuto riguardo alla specificità del caso concreto.

Alla luce di tali risultanze, la Corte di merito ha ritenuto che il contributo dato da Caia al padre di suo figlio fosse stato da lei considerato un adempimento di un obbligo morale “verso una persona che ha avuto sicuramente un ruolo importante nella sua vita”. La connotazione concreta dell’atteggiarsi del rapporto affettivo descritta nella sentenza impugnata risulta pienamente corrispondente al contesto valoriale di cui si è detto, poiché è espressione di un vincolo solidaristico derivante dalla pregressa unione di fatto, “formazione sociale” tutelata dall’
art. 2 Cost., e ciò in conformità anche “alla valutazione corrente nella società”, stante l’affermarsi, in misura progressivamente sempre più estesa, di una concezione pluralistica della famiglia.

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