No al collocamento prevalente alla madre anche se il bimbo ha tre anni: necessaria analisi del rapporto coi genitori
Con l’ordinanza n. 1486 del 21 gennaio 2025, la Cassazione civile, sez I, conferma i recente indirizzo che rafforza il diritto alla bigenitorialità del minore minore anche se si tratta di minore in tenere età .
Nel contesto di un giudizio di separazione proposto cumulativamente alla domanda di scioglimento del matrimonio, la madre reclama l’ordinanza del Tribunale che, all’esito della udienza
art 473 bis 22 c.p.c., dispone l’affidamento condiviso dei figli minori, con collocamento paritario.
La madre, invocando la tenera età della figlia, chiede un collocamento prevalente presso di sé. La Corte d’Appello concede il collocamento prevalente in favore della madre, e riforma in parte l’ordinanza disponendo nuove modalità di frequentazione da parte del padre. Secondo i giudici della Corte d’Appello di Venezia, la tenera età della minore avrebbe dovuto indurre il giudice di primo grado a limitare il ricorso al principio del collocamento paritetico disponendo un collocamento prevalente alla madre che avrebbe saputo dare alla figlia un particolare e maggior accudimento e conseguentemente viene ridotto e limitato i diritto di visita del padre.
Il padre ricorrere in Cassazione contestando il ragionamento della Corte nella parte in cui ritiene il collocamento prevalente del minore presso la madre sia necessariamente e senza alcuna ulteriore indagine nel rapporto genitoriale con il minore più confacente al interesse del onore stesso.
In questo modo la Corte ha lese in maniera preconcetta il diritto alla bigenitorilaità del minore, escludendo senza una reale motivazione e senza alcuna ragione ostativa il padre dalla relazione con la figlia.
Nella decisone della Corte di Appello inoltre non si tiene conto di quello che era ed è il pregresso rapporto padre figlia, ovvero che il padre si era sempre occupato della bambina al pari della madre .
La Corte di Cassazione nell’ordinanza in oggetto censura quindi il ragionamento della Corte di Appello che ha operato un giudizio in astratto, incentrato sulla sola età della minore, senza prestare attenzione alle modalità di relazione della bambina con i genitori e senza valutare in concreto le condizioni di vita familiare e la migliore soluzione da adottare, alla luce del criterio posto dall’art. 337-ter c.c., in relazione alle capacità e attitudini di entrambi i genitori nella cura e nell’educazione della minore.
La scelta sui tempi e modi di frequentazione tra padre e figlia è risultata del tutto sganciata da una valutazione in concreto della relazione della bambina con ciascuno dei genitori, in pregiudizio della conservazione del rapporto tra padre e figlia.
Quando si tratta di provvedimenti che riguardano la vita di un minore , il giudici sono chiamati a decidere non sui principi generali astratti, ma sula base di quella che è la decisone. che appaia più dionea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore, è ciò richiede quindi una ricerca approfondita sul rapporto genitori figlio e sula capacità genitoriale di ciascuno dei genitori.
L’età del minore non è quindi sufficiente per privilegiare un genitore ,in questo caso la madre ,rispetto all’altro, anche nel detrarre un aspetto pratico come la collocazione prevalente.
Il diritto alla gibenitorilaità è un diritto del minore e no un diritto dei genitori nel senso che esso deve essere necessariamente declinato attraverso criteri e modalità concrete che siano dirette a realizzare in primis il miglior interesse del minore: il diritto del singolo genitore a realizzare e consolidare reazioni e rapporti continuativi e significativi con il figlio minore presuppone il suo perseguimento nel miglior interesse di quest’ultimo, e assume carattere recessivo se ciò non sia garantito nella fattispecie concreta.