202503.12
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Addebito della separazione: non rilevano le chat illegittimamente acquisite

Per la dimostrazione della legittimità dell’acquisizione di chat dal telefono del coniuge, non è sufficiente la testimonianza de relato actoris. Infatti, i testimoni de relato actoris sono quelli che depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto che ha proposto il giudizio, così che la rilevanza del loro assunto è sostanzialmente nulla, in quanto vertente sul fatto della dichiarazione di una parte e non sul fatto oggetto dell’accertamento, fondamento storico della pretesa; i testimoni de relato in genere, invece, depongono su circostanze che hanno appreso da persone estranee al giudizio, quindi sul fatto della dichiarazione di costoro, e la rilevanza delle loro deposizioni, pur attenuata perché indiretta, è idonea ad assumere rilievo ai fini del convincimento del giudice, nel concorso di altri elementi oggettivi e concordanti che ne suffragano la credibilità. Lo stabilisce la Cassazione civile, sez. I, ordinanza 20 febbraio 2025, n. 4530.

Nel procedimento di separazione giudiziale tra il marito A. e la moglie O., quest’ultima ha – tra le altre cose – formulato la domanda di addebito della separazione al marito, allegandone l’infedeltà coniugale e documentando detta allegazione sulla base delle chat di WhatsApp e Telegram dalla stessa estratte accedendo, all’insaputa del primo, al di lui smartphone.

Nell’ambito del contenzioso, il marito aveva eccepito l’inammissibilità della prova, sotto vari profili, fra i quali, in particolare, ha lamentato che la moglie avrebbe posto in essere un accesso abusivo al proprio dispositivo. La moglie, per contrastare tale eccezione, aveva chiesto e ottenuto l’ammissione di prova testimoniale, indicando come testa una di lei amica, la quale, audita, aveva dichiarato che la stessa O. le aveva confidato che ormai da tempo i coniugi si erano volontariamente scambiati le credenziali dei propri dispositivi, ai quali avevano dunque libero accesso.


Nell’ambito del contenzioso, il marito aveva eccepito l’inammissibilità della prova, sotto vari profili, fra i quali, in particolare, ha lamentato che la moglie avrebbe posto in essere un accesso abusivo al proprio dispositivo. La moglie, per contrastare tale eccezione, aveva chiesto e ottenuto l’ammissione di prova testimoniale, indicando come testa una di lei amica, la quale, audita, aveva dichiarato che la stessa O. le aveva confidato che ormai da tempo i coniugi si erano volontariamente scambiati le credenziali dei propri dispositivi, ai quali avevano dunque libero accesso.

Il Tribunale aveva respinto la domanda di addebito della separazione, compensando le spese tra le parti. La moglie aveva quindi impugnato la decisione e la Corte di appello, accogliendo in parte il gravame, aveva riconosciuto l’addebito della separazione al signor A. per comprovata infedeltà coniugale.

Il marito ricorre quindi in Cassazione rilevando che il giudice di merito avrebbe illegittimamente attribuito rilevanza, ai fini della prova dell’addebito della separazione, alla detta testimonianza assunta dall’amica dei coniugi , sebbene, secondo consolidata giurisprudenza, tale tipologia di testimonianza sia irrilevante sul piano probatorio, sia come prova diretta che come mero indizio.

La Corte di Cassazione accogliendo il motivo del ricorso statuiva che l’utilizzo delle chat da parte del giudice di merito si rivela invece illegittimo con conseguente inutilizzabilità delle stesse ai fini di riscontro di quanto dichiarato dalla teste. Ciò in quanto non vi è prova idonea per ritenere acquisite in modo legittimo le conversazioni tramite Whattsapp e Telegram dal telefono del A., atteso che la circostanza che i coniugi avessero accesso ai rispettivi telefoni ed in particolare alle password è riferita dalla teste D. per averlo appreso dalla parte, ossia dalla signora O.

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