201610.25
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Non solo bigenitorialità per decidere sull’affidamento dei figli.

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Per stabilire il regime di affidamento dei figli (condiviso o esclusivo), la valutazione dell’interesse superiore del minore non deve limitarsi all’intuibile desiderio del bambino di mantenere la bigenitorialità, ma va intesa in funzione del soddisfacimento delle sue oggettive, fondamentali ed imprescindibili esigenze di cura, mantenimento, educazione, istruzione, assistenza morale e di sana ed equilibrata crescita psicologica, morale e materiale.

Così la Cassazione (sentenza n. 18559/16, relatore Giancola).

Il Giudice dunque al fine di stabilire il regime di affidamento del figlio minore nel giudizio di seprazione, e conseguentemente non applicare il criterio generale dell’affidamento condiviso , deve procedere a delle valutazioni oggettive realtive al superiore interesse del minore stesso , e poco importa quindi se il rapporto tra genitore e figlio sia consolidato e spotaneo se vi sono comportamenti di alta conflittualità tra i genitori che sfociano nella commissione di gravi reati,accertati con sentenza passata in giudicato a cui tra l’altro ha assistito il minore. Questo secondo la Consulta inveitabilemente si riverbera,su i sentimenti ed equlibri affettivi e personali del minore e rilavano da parte el genitore autore della condotta criminosa  un’ inadeguatezza del ruolo genitoriale, indipendentemente dal rapporto oggettivo con il figlio.

La bigenitorialità deve essere intesa come un’ effettiva cooperazione dei due genitori nella vita del minore, nonostante la seprazione, la bigentorialità significa responsabilità, non a caso il legislatore ha sostituito la parola potestà genitoriale con quella di responsabilità , per evidenziare doveri e responsabilità prima ancora dei diritti, e dove la condotta di uno dei due coniugi sia nei confronti dell’altro violenta tale da sfociare in una condotta criminale tra l’altro esercitata in presenza del minore, è sintomo di assoluta mancanza di responsabilità.

Il criterio fondamentale cui il giudice deve attenersi nello stabilire il regime quindi,è l’esclusivo interesse morale e materiale del minore, che impone di privilegiare, tra più soluzioni eventualmente possibili, quella che appare più idonea a ridurre al massimo i danni della disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità.

L’esercizio della responsabilità genitoriale da parte del genitore violento in sostanza non può soddisfare l’ interesse superiore del minore, inteso come il dovere di ciascun genitore di soddisfare le fondamentali e imprescindibili esigenze del figlio, garantendo in questo modo una sana ed equilibrata crescita psicologica.

Il desiderio del bambino di mantenere la bigenitorialità, difornte ad una siffattta condotta da parte di un genitore, non soddisafa il raggiungimento del supremo interesse del minore stesso, che in questo caso non può che essere soddisfatto dall’affidamento esclusivo.

La condotta che sfocia nella cosiddetta violenza assistita (ossia, l’avere commesso comportamenti violenti o maltrattamenti, in danno dell’altro coniuge, o genitore, in presenza del figlio minore), è considerata  quindi motivo grave che può portare alla deroga della regola generale dell’affidamento condiviso in quanto determina un pregiudizio immediato, perché vedere maltrattare un familiare da un altro familiare lede il diritto fondamentale del minore alla serenità delle relazioni familiari;

è un fattore di rischio per l’equilibrata crescita dei minori, che tenderanno a replicare il comportamento;

se la vittima è una donna adulta e vi assiste una bambina, impone, violentemente, uno stereotipo, cioè l’equazione tra l’appartenenza al genere femminile e la condizione di vittima.

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