Genitori responsabili se non controllano i profili social dei figli
I genitori di minori che si rendono artefici di una condotta penalmente rilevante anche se dal punto di vista penale i minori non possono essere punti, dovranno risarcire il danno alla vittima se non dimostrano il verificarsi di un fatto che ne ha impedito di esercitare la dovuta sorveglianza sul minore.
I genitori di una minore sono stati citati in giudizi dai genitori di un altra minore, in quanto la prima si è resa responsabile di condotte denigratorie e diffamatorie consistite nella creazione di falsi profili social, sui quali erano state caricate immagini della seconda, modificate artificialmente in modo da risultare pornografiche. Per altro verso, i profili social genuini della seconda erano stati oggetto di commenti offensivi e di insulti.
Tale attività nel corso delle indagini era riconducibile a un indirizzo ip riferibile al padre. Nei confronti della minore quindi la Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni ha ritenuto di procedere per sostituzione di persona, diffamazione aggravata, minaccia e detenzione di materiale pedopornografico.
In sede penale, pur avendo la G. ammesso i fatti, il Tribunale per i Minorenni aveva disposto non doversi procedere, reputando G. non imputabile per incapacità di intendere e di volere,in virtù della sua lunga storia clinica, nonché alla luce delle sue gravi difficoltà nelle relazioni e nel comprendere le conseguenze dei propri agiti, con particolare riguardo all’utilizzo dei social network, quali mondi caratterizzati da notevoli insidie.
In sede civile invece il giudice ha condannato i genitori al risarcenti del danno in quanto per configurare una responsabilità diretta dei genitori fondata sull’inosservanza del dovere di vigilanza sul soggetto incapace, il danneggiato deve dimostrare solamente che il danno è stato cagionato da un incapace (elemento positivo), mentre il sorvegliante deve dimostrare di non aver potuto evitare il fatto (elemento negativo), ovverosia individuare uno specifico ostacolo che, di fatto, ha impedito di esercitare la dovuta sorveglianza sull’incapace.
Nel caso di specie, i convenuti erano tenuti alla sorveglianza della figlia, la cui incapacità era pacifica e a essi nota, stante la sua lunga storia clinica, nonché alla luce delle sue gravi difficoltà nelle relazioni e nel comprendere le conseguenze dei propri agiti, circostanze sussistenti anche al tempo di verificazione dei fatti oggetto del presente giudizio.
La domanda è stata accolta in quanto, da una parte, i convenuti non hanno provato che l’utilizzo dei social network e della rete (mondi peraltro caratterizzati da notevoli insidie) sia stato oggetto di adeguata vigilanza a opera dei genitori a ciò tenuti e, dall’altra, il loro deficit di competenze tecnico-informatiche, che gli stessi avevano portato in giudizio quela discriminante per la loro responsabilità invece avrebbe dovuto indurre gli stessi a calibrare la sorveglianza sulla figlia in maniera ancora più rigorosa.