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Storica decisone della Corte Costituzionale sulle persone binarie ed i loro diritti . Il terzo genere.

La sentenza della Corte costituzionale n 143 del 23 luglio 2024
apre il diritto al mondo delle identità non binarie. Posta di fronte all’esigenza individuale di appartenere a un genere terzo rispetto alla logica sessuale binaria maschio/femmina, la Corte risponde con un rinvio al legislatore a motivo della complessità che questa aggiunta comporterebbe al sistema. In parallelo, dichiara irragionevole e dunque incostituzionale il requisito dell’operazione chirurgica, nel rispetto della diversità delle transizioni possibili ma sempre in una logica di patologizzazione delle identità non cisgenere ben lontana dal principio di autodeterminazione riconosciuto invece in altri ordinamenti.

La questione viene affrontata dalla Corte sotto due aspetti, il primo è quello riguardante il diritto all’identità di genere che è diritto a vedersi riconosciuto un genere di elezione diverso da quello corrispondente al sesso attribuito alla nascita. Secondo la giurisprudenza costituzionale, questo diritto fa parte del «diritto all’identità personale, rientrante a pieno titolo nell’ambito dei diritti fondamentali della persona .

Il diritto internazionale definisce il diritto all’identità di genere come:«l’esperienza di genere intima e individuale, profondamente sentita da ogni persona, che può o meno corrispondere al sesso assegnato alla nascita, compreso il senso personale del corpo (che può comportare, se scelto liberamente, la modificazione dell’apparenza o della funzione del corpo tramite interventi medici, chirurgici o di altro tipo) e altre espressioni di genere, inclusi l’abbigliamento, il linguaggio e il comportamento».

Il diritto all’identità di genere ci interroga sull’esistenza, tra le possibili destinazioni, di un genere terzo rispetto al binarismo sessuale (v. al riguardo Cour constitutionnelle (Belgio), 19 giugno 2019, n. 99/2019, che ha annullato, per violazione del principio di uguaglianza, l’art. 3 della l. 25 giugno 2017 di riforma dei regimi relativi alle persone transgenere «in quanto non prevede, per persone la cui identità di genere non è binaria, la possibilità di modificare la registrazione del sesso nel loro certificato di nascita in modo che questo dato corrisponda alla loro identità di genere»).

L’altro aspetto è comprende un altro dei diritti fondamentali dell’uomo ovvero l diritto alla salute: Ogni persona ha il «diritto di realizzare, nella vita di relazione, la propria identità sessuale, da ritenere aspetto e fattore di svolgimento della personalità [che] correlativamente gli altri membri della collettività sono tenuti a riconoscer[e], per dovere di solidarietà sociale.

Secondo la Corte, infatti, «il ricorso alla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali risulta […] autorizzabile in funzione di garanzia del diritto alla salute, ossia laddove lo stesso sia volto a consentire alla persona di raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico, in particolare in quei casi nei quali la divergenza tra il sesso anatomico e la psicosessualità sia tale da determinare un atteggiamento conflittuale e di rifiuto della propria morfologia anatomica» (
Corte cost. n. 221/2015, cit., par. 4.1), con esclusione dunque della mera espressione della volontà di autodeterminarsi (
Corte cost., 13 luglio 2017, n. 180, par. 5.2)

In sostanza la corte proclami che l’esistenza di un terzo genere non è possibile in quanto materia delicata di ocmptenza esclusiva del legislatore; Per la Corte, le implicazioni del superamento del binarismo dei sessi nella nostra legislazione sono tanto articolate e complesse quanto occorre che sia il Parlamento ad occuparsene.

Tuttavia la Corte chiarisce che «la percezione dell’individuo di non appartenere né al sesso femminile, né a quello maschile – da cui nasce l’esigenza di essere riconosciuto in una identità “altra” – genera una situazione di disagio significativa rispetto al principio personalistico cui l’ordinamento costituzionale riconosce centralità ed inoltre “nella misura in cui può indurre disparità di trattamento o compromettere il benessere psicofisico della persona, questa condizione può del pari sollevare un tema di rispetto della dignità sociale e di tutela della salute, alla luce degli
artt. 3 e 32 Cost.»

La Corte affronta che il delicato tema della necessità dell’operazione chirurgica quale requisito essenziale della rettificazione : “il desiderio di realizzare la coincidenza tra soma e psiche, anche in mancanza dell’intervento di demolizione chirurgica, [è] il risultato di un’elaborazione sofferta e personale della propria identità di genere realizzata con il sostegno di trattamenti medici e psicologici corrispondenti ai diversi profili di personalità e di condizione individuale»

Nella misura quindi in cui la legge prevede un procedimento necessariamente – e non solo «eventualmente» – bifasico, tale norma viola il principio di ragionevolezza imposto dall’ art. 3 Cost. «nella parte in cui prescrive l’autorizzazione del tribunale al trattamento medico-chirurgico anche qualora le modificazioni dei caratteri sessuali già intervenute siano ritenute dallo stesso tribunale sufficienti per l’accoglimento della domanda di rettificazione di attribuzione di sesso»

In conclusione il processo deve comune seguire un percorso medico e psicologico ma non necessariamente questo percorso deve risolversi in una operazione chirurgica atta al cambiamento di sesso .

Siamo lontani dall’ autdetrminazine di genere prevista in alcuni paesi , ma è un piropo passo verso l’affermazione di un genere non binario che però dovrà necessariamente trovare sviluppo nel lavoro del legislatore.

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